PEOPLE SCARCITY. CHE FARE?

 da HR ONLINE

Selezione per ricoprire una posizione come agente segreto.

Il responsabile del recruiting convoca i candidati in short list e ordina a ciascuno di loro: “Prenda questa pistola, torni a casa e spari a sua moglie”.

Il primo, allibito, si ritira e rinuncia alla posizione.

Analogo comportamento il secondo. Timidamente propone di dare alla consorte due schiaffi. Viene immediatamente congedato.

Il terzo, invece, accetta con entusiasmo. Il giorno dopo, a rapporto.

“Com’è andata?” chiede il selezionatore

“Bene, direi. Ma c’è stato un contrattempo. Lei per sbaglio aveva caricato l’arma a salve. Sono stato costretto a strangolarla”.

Vogliamo parlare un momento di selezione? Sono poco meno di 494mila i contratti di assunzione programmati dalle imprese a maggio e quasi 1,6 milioni per il trimestre maggio-luglio, con un incremento della domanda di lavoro di circa 27mila unità rispetto a maggio 2023 (+5,8%) e di quasi 35mila unità sul corrispondente trimestre (+2,2%). L’industria nel suo complesso programma più di 136mila entrate nel mese e oltre 410mila nel trimestre, con una crescita rispettivamente del 3,5% e del 2,4% rispetto a un anno fa. Le imprese dei servizi sono alla ricerca di 357mila lavoratori nel mese e di circa 1,2 milioni nel trimestre, con incrementi rispettivamente del 6,7% e del 2,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. A delineare questo scenario è il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Si conferma elevato il mismatch tra domanda e offerta di lavoro: a maggio sono difficili da reperire il 48,2% dei profili professionali ricercati, difficoltà riconducibile prevalentemente alla mancanza di candidati, con circa 238mila posizioni lavorative che rischiano di restare scoperte. Il Borsino delle professioni riporta tra i profili più difficili da reperire prevalentemente le figure operaie specializzate quali operai addetti a macchinari dell’industria tessile e delle confezioni (il 78,9% è di difficile reperimento), operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (76,9%), fabbri ferrai e costruttori di utensili (76,8%), fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica (73,5%). Elevata anche la difficoltà a trovare i candidati adatti per i tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (68,5%), i tecnici in campo ingegneristico (64,7%), i tecnici della salute (62,1%) e gli ingegneri (58,8%).

Cosa fare? Senza la pretesa di essere esaustivo, vorrei sottoporre poche riflessioni.

  • Abbiamo bisogno di più lavoratori stranieri qualificati. La domanda di lavoratori immigrati è stabile ed è pari al 19,7% del totale (97mila assunzioni). La richiesta di manodopera straniera si concentra soprattutto nei servizi operativi di supporto a imprese e persone (il 32,6% delle assunzioni), servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (30,6%), metallurgia (23,4%), costruzioni (23,1%) e turismo (20,2%). Dobbiamo cominciare a “importare” anche tecnici di livello più alto. Oggi c’è poca offerta di lavoratori stranieri ad elevata professionalità, anche perché la domanda stenta a decollare. Teniamo presente che la blue card è cambiata da pochissimo tempo. Ai nostri lettori ne abbiamo già dato notizia, ma torneremo sul tema perché c’è stata poca attenzione. Il mercato del lavoro deve cambiare diventando più internazionale. Oggi gli immigrati in Italia hanno un tasso di attività regolare decisamente superiore a quello degli italiani e non c’è motivo per cui non si continui su questa strada.
  • Dobbiamo spingere per innalzare il livello della scuola, soprattutto tecnica e professionale. I dati Invasi ci dicono che stiamo andando sempre peggio, ma sembra che il tema non sia all’ordine del giorno di alcuna forza politica o istituzionale. Anche il rapporto tra scuola e lavoro deve cambiare: nelle aree dove questo avviene la disoccupazione giovanile è molto bassa. Fondamentale in questo senso potrebbe essere il ruolo degli enti intermedi. Il tema della formazione deve essere all’ordine del giorno nelle imprese. Per preparare il personale interno e per rendersi attrattivi verso i giovani (e i meno giovani), la formazione deve incrementare in maniera molto più decisa di quanto accaduto sinora.
  • Dobbiamo iniziare a pensare a come bloccare l’esodo dei professionisti e dei giovani all’estero e, magari, a come farli tornare indietro. Abbiamo dei gruppi internazionali di servizi che potrebbero essere sollecitati in quest’ultimo senso, ma ancora non si è mosso quasi nulla. Eppure, dall’Italia se ne vanno 140.000 persone ogni anno. Il 70% di questi sono giovani, il 40% laureati. Se ne vanno soprattutto medici, ingegneri ed economisti. Oggi ci sono 5,9 milioni di italiani espatriati contro i 5 milioni di stranieri in Italia.
  • Dobbiamo aprire le porte agli over 55. Oggi se una persona di quell’età perde un posto di lavoro (e non è un operaio) sa che non riuscirà ad arrivare neanche al primo colloquio per una selezione. Eppure, la curva demografica parla chiaro: in dieci anni avremo 927 mila giovani in meno e 1,9 milioni di senior in più.
  • Dobbiamo cambiare modalità di selezione. Non ci siamo accorti che in molti casi è il candidato che sta selezionando l’azienda e non il contrario. L’Istat ci dice che i tempi di selezione si stanno allungando. Oggi una ricerca dura mediamente 4,4 mesi. Troppo perché, nel frattempo, i tempi di scelta dei candidati si stanno accorciando. I decisori aziendali non devono comportarsi come i servizi segreti della barzelletta iniziale. È tempo di assumere comportamenti adeguati alla nuova situazione di people scarcity.

Paolo Iacci, Presidente Eca, Università Statale di Milano

 

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