SOSTENIBILI O BULIMICI?

 da HR ONLINE

Meta, la società di Mark Zuckerberg a cui fanno capo tra le altre anche Facebook e Instagram, ha chiuso il quarto trimestre del 2022 con ricavi sopra le attese: 32,17 miliardi di dollari, contro le attese degli analisti che parlavano di 31,6 miliardi. L’utile netto, invece, è calato a 4,65 miliardi. In calo, ma comunque una cifra non da poco. Il titolo, a tre anni, ha guadagnato quasi il 9% e a 1 anno ha perso l’1%. L’anno scorso ha licenziato 11.000 persone e si appresta a un nuovo piano di ridimensionamento degli organici.

Google negli ultimi mesi del 2022 ha incrementato i ricavi solo dell’1% e ha ridotto i profitti rispetto l’anno precedente da 20,6 a “solo” 13,6 miliardi di dollari. Di conseguenza, ha annunciato un piano di licenziamenti di 12.000 persone.

I ricavi e l’utile di Microsoft sono cresciuti su base annua rispettivamente del 12% e del 2%. La total compensation del suo CEO, Satya Nadella, l’anno scorso è stata di 54,9 milioni di dollari, circa il 10% in più dell’anno precedente. Il mese dopo aver preso il suo ultimo bonus plurimilionario, ha annunciato un piano di licenziamenti di 10.000 persone.

Il 28 ottobre 2022 Elon Musk ha concluso l’acquisto di Twitter per 44 miliardi di dollari. Si è trattato della più alta acquisizione nel campo digitale. Oggi l’uomo più ricco del pianeta controlla una piattaforma di comunicazione mondiale da 330 milioni di utenti attivi che pubblica 500 milioni di messaggi al giorno. Il giorno dopo l’acquisizione, sono partite le prime mail di licenziamento. Oggi rischia il posto un collaboratore su due.

Potrei andare avanti, elencando le più importanti aziende di tecnologia che in questi anni hanno portato avanti le battaglie sull’inclusione e la sostenibilità e che oggi stanno attuando piani di licenziamenti lineari. Sono stato per molti anni prima direttore del personale e poi direttore generale di varie aziende, nell’ICT e nel bancario. Capisco benissimo le dinamiche aziendali e i motivi che portano le imprese a scelte dolorose.

Il Nasdaq, il listino tecnologico americano, nel 2022 ha perso il 33% e oggi le borse vogliono sangue. Le big tech si sono mostrate pronte a darglielo, nel solco della tradizione di un capitalismo votato unicamente agli interessi degli shareholders. Nel 2019 la Business Roundtable, l’organizzazione che riunisce i CEO delle principali aziende quotate americane, aveva dichiarato la fine del capitalismo degli shareholders a favore di un nuovo modello teso a coniugare la sostenibilità economica delle imprese con l’interesse di tutti gli stakeholders. Cosa ne è stato di quelle dichiarazioni?! Davvero abbiamo tutti la memoria così corta?!

Il momento è difficile, ma non impossibile. I profitti di Google nel 2022 sono rimasti al di sotto dei 76 miliardi dell’anno precedente, ma hanno comunque sfiorato i 60 miliardi. I tagli previsti, quando saranno attuati completamente, miglioreranno il margine operativo solo dell’1%. Niente di significativo sul piano dei conti, ma un segnale molto chiaro ai mercati. Nessuna attenzione, invece, per le ripercussioni sul livello di engagement dei collaboratori.

Microsoft, malgrado i tagli lineari del personale,  si appresta alla più grande acquisizione della sua storia, quella di Activision Blizzard per 69 miliardi di dollari. Il piano di licenziamenti era davvero necessario?! Oppure, quando l’economia ripartirà, non vedremo ancora le big tech rubarsi l’un l’altro i talenti a suon di aumenti, forse evitabili?! L’impatto di questi tagli sulla reputation e sulla motivazione delle persone è stato calcolato?!

Oggi il modello del capitalismo degli stakeholders sembra essere stato messo da parte, in attesa di tempi migliori. Capisco bene che l’andamento dei titoli non possa non preoccupare. Nello stesso tempo, davanti a piani così netti di tagli lineari, non possiamo meravigliarci se il livello di engagement nelle aziende è basso come non mai e assistiamo a fenomeni come il quiet quitting, in cui le persone tirano i remi in barca e cercano di sopravvivere facendo il meno possibile. Con quale credibilità si può parlare di sostenibilità e di obiettivi ESG se non si spiega in maniera molto approfondita e credibile la coerenza tra i principi dichiarati e i comportamenti effettivi?!

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