DIPINGI LA MUCCA, MANGIA L’AGLIO, GESTISCI LE PERSONE
Ogni anno, puntuale come un rituale un po’ irriverente, arrivano gli Ig Nobel Prizes: premi assegnati a ricerche scientifiche che prima fanno sorridere e poi lasciano spazio a riflessioni più profonde.
Gli Ig Nobel sono nati a Boston trentacinque anni fa come “cugini irriverenti” dei Nobel ufficiali: premiano studi reali, pubblicati su riviste scientifiche accreditate, ma che colpiscono per il loro carattere improbabile, laterale, persino comico. Non si tratta quindi di barzellette accademiche: dietro a ogni ricerca c’è un lavoro serio, revisionato e inserito nel circuito della comunità scientifica internazionale. La loro peculiarità è che sanno scomporre la scienza nella sua dimensione più umana, quella della curiosità e del divertimento, senza perdere in rigore. Il motto che li accompagna – “prima ti fanno ridere, poi ti fanno pensare” – è il miglior riassunto della loro forza comunicativa.
L’edizione 2025 non ha deluso, offrendo un campionario di studi che sembrano usciti da una rivista satirica, ma rivelano qualcosa di serio: per la scienza cosi come per chi si occupa di persone e organizzazioni.
Prendiamo ad esempio la ricerca sul cosiddetto “Teflon diet”, in cui alcuni studiosi hanno ipotizzato l’uso del PTFE – sì, proprio il materiale antiaderente delle padelle – come filler alimentare per ridurre il senso di fame senza introdurre calorie. L’idea è talmente assurda da sembrare una parodia, eppure ci parla della capacità dell’innovazione di spingersi oltre i confini del plausibile. Quante volte, nelle nostre aziende, scartiamo a priori proposte che sembrano troppo eccentriche per meritare attenzione? Eppure, è proprio lì, nell’azzardo intellettuale, che talvolta germogliano le vere rivoluzioni.
Altrettanto surreale è la storia delle mucche dipinte a strisce come zebre per ridurre le punture degli insetti. Sembra sia proprio così: se dipingi una mucca a strisce come una zebra sarà punta di meno dalle zanzare e dagli insetti rispetto alle sue compagne. Ridiamo, ma poi ci rendiamo conto che la soluzione, benché poco ortodossa, potrebbe ridurre l’uso di pesticidi. Probabilmente nessuno lo farà mai, ma la ricerca ci ricorda che a volte la risposta a particolari quesiti sta proprio in un cambio di prospettiva radicale, nel coraggio di “pitturare la mucca” invece di limitarsi a spruzzarle addosso più insetticida.
Ci sono poi gli studi che svelano come i dettagli facciano la differenza. È il caso della fisica applicata alla preparazione della pasta cacio e pepe, finalmente spiegata nei suoi segreti: temperatura, tempi, proporzioni. Un piatto apparentemente banale che diventa perfetto solo se calibrato con precisione. Sono i piccoli accorgimenti a determinare la nostra esperienza complessiva. Spesse volte non serve inventare la luna, basta saper regolare con attenzione gli ingredienti già in nostro possesso.
E come non citare, tra gli ig Nobel premiati quest’anno la ricerca sugli effetti dell’alcol nella comunicazione linguistica? Un bicchiere di vino sembra facilitare la fluidità nel parlare una lingua straniera, probabilmente perché riduce l’ansia. Dietro la battuta da bar, emerge una verità profonda: spesso le persone bloccano le proprie potenzialità non per mancanza di competenze, ma per paura del giudizio. Creare ambienti in cui ci si senta liberi di provare, di sbagliare e di esprimersi senza timore è una delle missioni più strategiche per chi lavora nelle risorse umane.
Poi ci sono i lavori che sfiorano la psicologia pura, come quello che dimostra come un complimento sull’intelligenza possa alimentare comportamenti narcisistici. Ridiamo, perché tutti conosciamo il collega che basta lodare un po’ e subito si gonfia d’orgoglio. Ma subito dopo ci viene il dubbio: siamo sicuri che i nostri sistemi di feedback e riconoscimento supportivo non stiano, involontariamente, alimentando dinamiche poco collaborative? La linea che separa il sano apprezzamento dal rischio di rafforzare tratti indesiderati è sottile e non possiamo ignorarla.
Perfino il latte materno “all’aglio” ha qualcosa da insegnarci. Si è visto che l’alimentazione della madre modifica il sapore del latte, influenzando la risposta del neonato. Il piccolo sembra rimanere attaccato alla madre quanto più questa ha mangiato aglio. Dietro l’immagine curiosa si nasconde un principio universale: il contesto plasma i comportamenti, le condizioni ambientali incidono su come reagiamo. Per chi lavora in azienda, non è forse lo stesso? Alimentare un clima di fiducia o, al contrario, un’atmosfera tossica produce effetti immediati sulla motivazione e sulla produttività.
Forse, allora, il vero valore degli Ig Nobel non è soltanto quello di strapparci una risata, ma di allenarci a guardare la realtà con un occhio meno ingessato. Nel mondo del lavoro, così come nella scienza, le soluzioni più interessanti arrivano spesso dalle domande sbagliate, dalle intuizioni laterali, dagli incidenti di percorso che invece di essere archiviati diventano occasioni di scoperta.
La risata, in fondo, è un atto liberatorio: scioglie tensioni, apre varchi, riduce la paura di sbagliare. E forse è questo il più grande insegnamento degli Ig Nobel: ricordarci che dietro la leggerezza può nascondersi una verità profonda. Chi guida persone e organizzazioni farebbe bene a non dimenticarlo. Perché, se è vero che l’impresa ha bisogno di rigore e risultati, è altrettanto vero che senza un pizzico di follia creativa non nascerà mai nulla di davvero nuovo.