ASSUMERE PER COMPETENZE E NON PER TITOLI. E’ DAVVERO INIZIATA UNA RIVOLUZIONE?
Poco tempo fa sul Financial Times sono apparse due piccole notizie che mi hanno fatto riflettere. Neil Clifford, il CEO del brand britannico di alta moda Kurt Geiger, possessore di oltre 200 negozi nel solo Regno Unito, ritrova una vecchia pagella e scopre di essersi diplomato con un misero “F” in arte. Da quel giorno ha deciso che ogni nuovo ruolo nella sua azienda —dal negozio al reparto finanziario— sarebbe stato aperto ai candidati senza titolo accademico, purché mostrassero “potenziale e competenza reale”. Un’altra piccola notizia: Chanelle Washington-Bacon si è presentata sul mercato del lavoro senza una laurea. Eppure, ha facilmente ottenuto il ruolo di business analyst in Cisco grazie al programma di OneTen, un’organizzazione che prepara e presenta sul mercato del lavoro candidati senza titoli formali, ma dotati di competenze concrete. Oggi Chanelle è diventata un simbolo del superamento del cosiddetto “paper ceiling”, ossia la barriera invisibile imposta dai titoli accademici, che esclude milioni di persone abili e motivate. Il nostro Paese possiede il 30% in meno di laureati rispetto la media UE. Peggio di noi solo la Romania. Oggi le aziende devono guardare anche oltre i diplomi. Devono trovare capacità pratiche vere, non solo titoli sui curricula. È la svolta dello skill-basedhiring.
Ma il tema non è solo italiano. Negli USA, secondo il report 2025 State of Skills-Based Hiring, l’85% delle imprese già oggi usa processi di selezione basati sulle competenze, contro l’81% dell’anno scorso. Il 76% applica test sul ruolo prima di assumere. Il vantaggio è chiaro: più diversità (+10%) e meno abbandoni del personale (-20%), secondo uno studio LinkedIn pubblicato ad aprile 2025. Anche in Europa il mismatch è palese. Nel 2024 circa l’80% delle aziende UE segnalava difficoltà a trovare lavoratori qualificati: il problema, quindi, non è solo italiano. Un’indagine di Business Europe conferma: quasi la metà (46%) dei datori di lavoro richiede competenze STEM, ma spesso non trova candidati in linea.
Chi vuole intercettare questo trend deve ripensare i job posting: via requisiti di laurea, dentro test mirati, case study, micro-certificazioni, modalità di valutazione online. Le aziende più pronte adottano AI e piattaforme di valutazione per identificare skill reali.
Il Management HR deve inoltre curare il reskilling e l’upskilling interno. Non basta assumere: serve far crescere le persone dall’interno. L’“internal mobility” è ormai strategica per trattenere il talento. Stando ai dati del 2025, già oggi l’85% delle imprese utilizza modelli di selezione basati sulle competenze, con il 76% che inserisce test pratici prima dell’assunzione. In questa logica, quasi il 90% delle aziende che hanno avviato questo nuovo approccio riferisce che le assunzioni in base alle skill portano a migliori performance, meno errori di selezione e maggiore rendimento dei nuovi assunti.
Compiti per le vacanze. Chi vorrà davvero essere innovativo in HR dovrà:
- Ripensare le job description in ottica skill-first
- Investire in valutazioni pratiche e oggettive
- Formare i manager a leggere e valorizzare il potenziale
- Costruire percorsi di carriera interni per valorizzare i talenti già presenti
Una rivoluzione in corso. Alla guida chi saprà guardare anche al di là dei soli titoli formali.