La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia

 da HR Online

Una signora si reca da un famoso indovino per avere delle informazioni sul suo futuro. Dopo essere stato profumatamente pagato, l’indovino consulta i tarocchi ed esclama:

– Vedo una grande disgrazia nella sua famiglia: suo marito vivrà ancora per poco!

Al ché, la donna gli risponde:

– Sì, ma questo già lo so! A me però interessa sapere l’esito delle indagini…!

Con questo spirito sto leggendo le molte ricerche sulle tendenze in atto nella gestione e sviluppo delle risorse umane. Tra queste segnalo l’analisi internazionale pubblicata in questi giorni da Gartner, multinazionale che si occupa di consulenza strategica, che ha individuato nove trend che in futuro orienteranno il lavoro a livello globale. Eccoli.

1. Lavoro agile
Il primo e più evidente cambiamento di questi ultimi mesi è stato il lavoro a distanza, che si tratti di Smart Working (con flessibilità di luogo e orario e focus sul raggiungimento di obiettivi) o remote working (l’ufficio si è trasferito a casa senza cambiare tempi e modalità di lavoro). Anche l’ultima ricerca di AIDP ha individuato che due aziende su tre proseguiranno l’esperienza del lavoro a distanza. In realtà la strada per giungere realmente a un nuovo modo di lavorare è ancora molto lunga. Sia i capi, sia le parti sociali si sono trovate impreparate a gestire un’impresa non più caratterizzata dalla presenza contemporanea di tutti i collaboratori nello stesso luogo nello stesso momento.Con l’adattarsi del sistema produttivo alle nuove esigenze, anche l’HR dovrà essere in grado di individuare e valorizzare le competenze indispensabili a rendere efficace il lavoro da remoto, in primis quelle digitali.

2. Utilizzo dei dati dei dipendenti
Il lavoro a distanza aumenterà la raccolta dei dati passivi dei dipendenti – registrazione virtuale e orari in entrata e in uscita, uso di computer e telefono, e-mail, chat e comunicazione interna, movimenti e localizzazione dei dati. Al momento il 16% delle aziende già dichiara di raccoglierli, ma nuovi protocolli di salute e sicurezza potrebbero richiedere di farlo in modo più ampio ed esplicito, con ovvi problemi normativi ed etici.

3. Il datore di lavoro come rete di sicurezza sociale
Il welfare aziendale si dovrà sviluppare perché le persone esprimono un forte bisogno di sicurezza sociale e un altrettanto alto grado di sfiducia verso le istituzioni. Salute, previdenza, sostegno alla famiglia, politiche di inclusione sono gli ambiti più richiesti. Nel nostro Paese si introdurranno probabilmente una serie di sostegni economici per le famiglie numerose, un ampliamento dei congedi parentali e di paternità e degli incentivi al lavoro delle madri.

4. Esplosione della gig economy
Per ora la crisi si è abbattuta come una mannaia sui contratti a termine, i somministrati ed i precari. Le stime parlano di ottocentomila lavoratori già lasciati a casa.Le imprese, non potendo licenziare, hanno utilizzato quanto più possibile la cassa integrazione e hanno lasciato scadere i contratti a termine. È però esploso anche il numero dei lavoratori in nero. L’Istat stima che già oggi sono al lavoro tre milioni e cinquecentomila lavoratori senza contratto. Il nostro sistema economico non può reggere questo impatto. Sono indispensabili, nel giro di brevissimo, nuove tutele per questi lavoratori e per le imprese che si comportano in modo corretto. Anche il sindacato dovrebbe mettere al primo posto la lotta al lavoro nero. Si tratta della priorità per il mondo del lavoro. In ogni caso, anche le aziende più corrette cercheranno di evitare il ricorso a contratti stabili, considerando ancora troppo rigido il nostro mercato del lavoro. Non attendiamoci alcun aiuto dalla classe dirigente del nostro Paese, bloccata nelle sue beghe di potere. La funzione HR dovrà iniziare a porsi il problema di come coinvolgere anche i lavoratori della gig economy. Su questo terreno siamo ancora molto indietro.

5. Competenze chiave
Le aziende stanno ridefinendo le competenze chiave, quelle cioè necessarie a raggiungere obiettivi strategici. Compito dell’HR sarà quindi di motivare i dipendenti a sviluppare professionalità che moltiplichino le loro opzioni, non limitandosi a prepararli per una specifica mansione successiva. I tradizionali succession plan, da questo punto di vista, rischiano di diventare presto obsoleti.

6. Un lavoro (dis)umanizzato?
Nel lavoro a distanza dovremo destreggiarci tra il bisogno di empatia e la necessità di sviluppo della produttività. Si tratta di produrre di più e meglio, con un maggiore grado di autonomia a parità di retribuzione. Non si tratta di cose che possiamo dare per scontate. Anche su questo terreno sarà fondamentale il ruolo dell’HR. Da un lato per spingere i manager a sviluppare intelligenza emotiva e soft skill. D’altro lato per aiutare i collaboratori a soddisfare queste richieste. Naturalmente queste esigenzeimpatteranno anche sui lavoratori presenti in fabbrica e negli uffici. Aumenterà la pressione sui capi e sui loro collaboratori. Non uno scherzo per nessuno.

7. Il valore di un’azienda si vede nella risposta alla crisi
I clienti e i collaboratori stanno ovviamente valutando le imprese in questi mesi e ancor di più lo faranno nei prossimi. Non basterà la notorietà del brand per definire i migliori employer. Le aziende si stanno giocando la loro reputazione anche sulla reazione alla pandemia e soprattutto alla crisi economica. Le decisioni prese in questa fase di difficoltà segneranno uno spartiacque per gli anni a venire.

8. Resilienza
Prima del Covid-19 la maggior parte delle riorganizzazioni era focalizzata sull’aumento dell’efficienza. La pandemia però ha dimostrato quanto la resilienza non sia un fattore secondario rispetto alla produttività. Di qui la necessità di adattare rapidamente le competenze e il modello di lavoro – comprese le possibilità di carriera – ai cambiamenti in atto, ridisegnando ruoli, strutture e processi. La funzione HR è chiamata a sporcarsi le mani accanto alle donne e agli uomini di linea.

9. Complessità organizzativa
Stiamo andando incontro ad una nuova lunga fase di crisi. Da gennaio inizieranno i licenziamenti e le riduzioni di organico. Il lavoro diventerà più precario e malgrado i grandi investimenti economici del Governo assisteremo a una contrazione dei consumi e quindi a molte crisi aziendali. La tentazione della rinascita di uno Stato padrone spingerà ulteriormente gli imprenditori a vendere e a rifugiarsi nella rendita. Assisteremo a liquidazioni, fusioni, acquisizioni e ristrutturazioni, anche molto dure.

Chi si occupa di organizzazione e di persone sarà chiamato ad un lavoro duro ed ingrato. Ma indispensabile per tutti. Ne abbiamo la professionalità e l’esperienza. “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia” (M. Gandhi).

 

 

 

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