EDITORIALE PASQUALE – LA FUNZIONE DEI RITI

 da HR ONLINE

 

 Ogni anno, subito prima di Pasqua, il Capo Rabbino di Roma si presenta in Vaticano dal Papa e gli porge una busta molto antica.Il Papa la prende, scuote la testa e la restituisce al Capo Rabbino che se ne ritorna via. Questa usanza avviene da quasi duemila anni ed è poco conosciuta da altri all’infuori dei due soggetti citati.

Succede che un anno siano di nuova nomina sia il Papa sia il Capo Rabbino. Quando il Capo Rabbino presenta al Papa l’antica busta, come il suo predecessore gli aveva insegnato, il Papa, come gli aveva insegnato il suo predecessore, la guarda e la restituisce al Rabbino.

Però il Papa aggiunge: “Questo rituale mi sembra strano. Non ne capisco il significato. Che cosa c’è dentro la busta?”.

Ma il Rabbino risponde: “Che io sia dannato se lo so. Sono nuovo anch’io. Ma basta aprire la busta e conosceremo il contenuto”.

Il Papa accetta la proposta del Rabbino e insieme lentamente e con molta cura aprono la vecchissima busta e leggono il foglio in essa contenuto… il conto dell’Ultima Cena!

L’umanità ha affidato al rito i momenti più critici della sua esistenza: la nascita, la morte, il raggiungimento dell’età adulta, il matrimonio, la guerra, cercando in esso la garanzia del mantenimento della propria identità e di quella della comunità di appartenenza.

Volta per volta il rito rinsalda i legami interni di una comunità, o rassicura davanti ai grandi misteri della vita. La propria identità, salute, crescita saranno garantiti se io rispetterò un verto rituale. La ripetizione di ciò che mi ha garantito il successo o la sopravvivenza una volta, mi rassicura sulla ripetizione in futuro dello stesso evento positivo. Il rito ha quindi una funzione tranquillizzante, rendendo prevedibile un futuro altrimenti incerto o spaventevole.

Ogni istituzione umana, ogni forma di convivenza tra simili, è rinsaldata dalla presenza di rituali che sottolineano i principali momenti della vita collettiva: non fa eccezione l’impresa, piena di rituali più o meno evidenti. Ricordo la mia prima riunione internazionale come direttore HR in una multinazionale americana. L’azienda viveva da tempo in una situazione difficile: le tensioni erano evidenti e il futuro assai incerto. In quel primo meeting notai subito come tutti gli interventi fossero preceduti da alcune frasi che ogni singola persona ripeteva ossessivamente come premessa al successivo intervento. Le frasi che ognuno ripeteva erano tutte praticamente identiche. Nessuno sembrava accorgersi del rituale in atto, tanto questo era spontaneo e profondamente sentito. La premessa ad ogni intervento, infatti, sottolineava l’assoluta fiducia che l’azienda sarebbe riuscita a superare la crisi e che il soggetto che in quel momento stava per prendere la parola rassicurava tutti gli altri che non se ne sarebbe andato mai, perché la sua fiducia verso le potenzialità dell’azienda era assoluta. La funzione di rassicurazione reciproca sembrava essere evidente solo a me, probabilmente perché ero appena arrivato nella comunità aziendale e ancora non la vivevo con la necessaria partecipazione emotiva.

Proviamo quindi rispetto per i rituali dell’impresa e cerchiamo di comprenderne i motivi profondi, senza giudicarli o bollarli con eccessivo disincanto o cinismo. In molti casi svolgono una funzione unica e necessaria per il funzionamento delle persone e della comunità d’impresa.

 

 

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