L’EFFETTO LUCIFERO

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Nel 1971, lo psicologo sociale Philip Zimbardo mise un annuncio sul giornale per selezionare un gruppo di studenti che, per due settimane, a pagamento, simulassero le condizioni di una prigione. I ragazzi furono scelti sulla base di requisiti semplici: buona salute e un buon equilibrio psicofisico. A caso, alcuni dovevano calarsi nel ruolo delle guardie, altri in quello dei detenuti. Erano tutti ragazzi della buona borghesia di Palo Alto, con una vita assolutamente normale e senza particolari esperienze o disturbi alle spalle.
Tutti i partecipanti erano dei volontari, liberi di interrompere l’esperimento in qualsiasi momento e sapevano perfettamente che si trattava di una simulazione scientifica da parte dell’Università. Per rendere tutto più verosimile, i ragazzi furono arrestati, una domenica mattina, da una vera squadra di poliziotti, che seguì le procedure previste in caso di arresto realistico: e le irruzioni in casa furono riprese da un cameraman professionista.
Poi iniziò la detenzione, seguita attentamente dal gruppo di studio di Zimbardo grazie a riprese televisive costanti. Subito gli studenti incominciarono a immedesimarsi nei loro ruoli. Le guardie carcerarie iniziarono dopo poco a manifestare tendenze sadiche e i prigionieri mostrarono passività e depressioni. Rapidamente le guardie e i prigionieri si adattarono ai loro ruoli, andando molto oltre alle attese. Un terzo delle guardie aveva un comportamento ritenuto sadico. La maggior parte dei prigionieri era emozionalmente traumatizzato e cinque dovettero essere rimossi precocemente. L’esperimento fu interrotto al sesto giorno, perché tutto era andato ormai fuori controllo.
Da quei sei giorni Philip Zimbardo, a più di trent’anni di distanza, ha tratto un libro fondamentale per capire la natura del Male. S’intitola The Lucifer Effect: Understanding how good people turn evil e in Italia è stato tradotto e pubblicato pochi anni fa. Io credo valga riletto proprio in questi anni di ristrutturazioni e di crisi. La tesi è preoccupante: chiunque può scoprire inaspettatamente delle tendenze sadiche perché troppo influenzato da un ruolo che lui pensa gli possa richiedere un comportamento violento o aggressivo.
Chiunque può scoprire, in determinate circostanze, il male dentro di sé, perché indifferente al suo dispiegarsi, o troppo passivo per fermarlo o troppo conformista per riconoscerlo.
Il Male più che nei singoli individui, è soprattutto nei sistemi e nelle istituzioni. Molte volte, semplicemente, i singoli non hanno la forza morale, la dignità e la fermezza per dire di no. L’ambiente esterno e le attese legate al ruolo possono determinare comportamenti distorti, anche di là da ogni aspettativa. L’esercizio del potere deve quindi essere condiviso e non gestito da una singola persona o da un nucleo senza alcun controllo.

E’ sempre necessaria una dialettica interna all’organizzazione affinché la situazione non sfugga di mano. Di fronte alla crisi che stiamo vivendo anche nelle singole imprese, dove bisogna agire con determinazione e velocità spesse volte viene la tentazione di agire “in solitaria”.

Confrontarsi può voler dire perdere tempo o incisività nell’azione o deviare rispetto gli obiettivi necessari. Eppure il non farlo può determinare l’insorgenza di comportamenti assai distorti, perfino in persone su cui non vi può essere dubbio riguardo integrità morale o capacità individuali.

L’esercizio del taglio dei costi, cui spesse volte sono chiamati i professionisti HR, è un classico caso al riguardo. Tempi e modalità non debbono essere gestiti da un singolo o da un gruppo senza controllo. Questi deve avere un mandato specifico e libertà d’azione, se si vogliono raggiungere i risultati attesi. Nello stesso tempo, però, l’ambito d’azione dev’essere il più possibile limitato e le attività devono essere supervisionate, per il bene dell’organizzazione ma anche per la tranquillità degli stessi professionisti HR, chiamati ad un compito assolutamente ingrato.(www.paoloiacci.it)

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