SI VINCE SOLO INSIEME

 da HARVARD BUSINESS REVIEW

S. Catani, C. Parzani, Si vince solo insieme. Undici parole per scoprire il valore della diversità e immaginare il futuro del lavoro, Garzanti, 2022

Tu osservi le cose e ti chiedi: “Perché?”.

Ma io sogno cose mai esistite e mi chiedo: “Perché no?”.

Questo breve dialogo di George Bernard Shaw dà il via al volume Si vince solo insieme, una conversazione tra Claudia Parzani e Sandro Catani, e anticipa il senso profondo e, al contempo, la leggerezza da cui è animato. Gli autori sono assai noti a chi si occupa di business. Sandro ha un lungo passato da consulente di direzione e oggi mostra anche una notevole vena di saggista. Claudia è forse la più nota avvocata nel nostro Paese, Presidente di Borsa Italiana e partner di Linklaters, una vera e propria role model per chi pensa sia possibile coniugare il successo con l’eleganza dei modi, la gentilezza e l’inclusività. Questa loro conversazione si snoda attorno a undici parole chiave, a metà tra privato e pubblico, tra famiglia e professione. Viaggio, sorriso, successo, responsabilità, lavoro, competenza, generazioni, fragilità, diversità, passione e, infine, felicità. Parole chiave che solo vent’anni fa difficilmente avrebbero costituito il  focus di un dialogo tra due leader. Il nuovo secolo ha visto l’irrompere di una nuova forma di capitalismo, che molti commentatori hanno definito con il termine di “capitalismo inclusivo”. Già nell’agosto del 2019 la Business Roundtable, l’associazione che coinvolge i 181 CEO delle principali imprese americane, aveva sancito, in un documento ufficiale, che il fine ultimo delle imprese non può essere unicamente la massimizzazione del profitto per gli investitori, ma deve tener conto dell’interesse di tutti gli stakeholder: dipendenti, fornitori, clienti, comunità locale, società civile, salvaguardia del pianeta. Delineava il superamento del capitalismo finanziario in transizione verso un capitalismo più inclusivo, in grado di tener conto dell’interesse di tutti. I vertici aziendali una volta erano chiamati a perseguire solo la massimizzazione dei profitti degli investitori, oggi l’impresa è sempre di più impegnata a rispettare le esigenze dei portatori d’interesse contemperandoli con la necessità primaria dell’equilibrio reddituale dell’impresa. Il tema della sostenibilità e dell’inclusione come elementi primari del fare impresa nascono da questa trasformazione capitalistica che stiamo vivendo in questi anni. Questa rivoluzione in atto nella natura stessa del capitalismo si accompagna ad un nuovo mindset diffuso nelle società occidentali più avanzate. La pandemia ha spinto la grande maggioranza delle persone a riflettere sulla propria vita e a ridefinirne le priorità. La salute, la famiglia, gli affetti e la felicità vengono considerati come molto più importanti del semplice successo lavorativo fine a se stesso. Nel secolo scorso abbiamo celebrato il lavoro come mezzo di sviluppo infinito e di benessere, ma poi ne siamo divenuti vittime. Stiamo assistendo a un cambio di paradigma sul versante della percezione che le persone hanno del lavoro. Oggi il focus è sul binomio vita – lavoro. I temi dell’occupazione, della stabilità e della giusta remunerazione rimangono, ma vengono integrati dalla necessità di agire un lavoro che possa avere un suo significato intrinseco. A questo “bisogno di senso” la classe dirigente, politica ed economica, deve trovare risposte. O, per lo meno, si deve interrogare e cercare di individuare risposte almeno parziali, contingenti, ma non per questo meno autentiche. La leadership a cui siamo stati abituati nel secolo scorso è destinata al declino. Oggi sempre di più si chiede competenza e trasparenza, integrità etica e statura morale. Non si richiedono eroi, ma persone vere, autentiche, disposte a “metterci la faccia”, a rischiare in proprio. Chi è ammalato di protagonismo e mette l’io davanti al noi non può candidarsi a condurre le organizzazioni del nuovo millennio. Non ci vogliono fuoriclasse, ma persone in grado di costruire squadre competitive. La nuova leadership sta transitando dall’io al noi, dall’egosistema all’ecosistema. Ieri si magnificava il leader condottiero, oggi il leader inclusivo. Ieri si portava ad esempio il capo disposto ad immolarsi per il lavoro, oggi il modello si sposta verso persone più autentiche, che coniugano il privato con il pubblico, gli affetti familiari con le necessità aziendali, che basano la propria capacità decisionale sull’ascolto e il coinvolgimento più che sul solo paradigma del comando/controllo. Ed esattamente questo è ciò che emerge, più di ogni altro elemento, da questo libro. L’indicazione del modello di leadership del nuovo secolo. Non a caso il titolo è “si vince solo insieme”.

 

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