PERCHE’ COSI’ POCHI DIRETTORI HR DIVENTANO CEO?

 da Harvard Business Review

Dalla posizione di direttore HR difficilmente si diventa CEO.È difficile perfino essere promosso come direttore di una business unit.  L’evidenza empirica lo dimostra senza alcun dubbio. Come mai? Per rispondere a questa domanda mi sono rivolto a un piccolo gruppo di esponenti di alcune tra le più note società di executive search.[1] Qui di seguito ciò che è emerso nel corso di questi colloqui.

  • Tutti gli intervistati concordano sulla constatazione da cui stiamo partendo. La funzione HR non è un buon trampolino per diventare CEO. Molti head hunter affermano che la maggioranza dei CEO arriva da posizione di marketing & sales, altri indicano come posizione privilegiata il CFO, altri ancora una responsabilità di BU, ma tutti sono d’accordo che per un HR, nel nostro Paese, è statisticamente molto difficile scalare i vertici aziendali fino alla cima;
  • Il primo motivo addotto è che la funzione HR viene percepita come un organo di servizio, ancillare alla linea. Gli HR non incidono sul business in prima persona e questo preclude loro i successivi passaggi;
  • La funzione HR, inoltre, è molto verticale, eccessivamente specialistica. Difficilmente ci si può misurare con tematiche operative all’esterno dei confini della funzione. Chi è dentro, è dentro, chi è fuori, è fuori;
  • Tutti osservano che in Italia si è poco abituati a spostamenti da una famiglia professionale ad un’altra. Questo non aiuta gli HR a trovarsi in posizioni che consentano loro di imparare a gestire direttamente  l’operatività e il mercato;
  • All’estero si è più abituati a carriere che annoverano anche passaggi laterali e questo consente più facilmente, agli HR, di scalare la vetta della gerarchia aziendale;
  • Gli HR sono poco abituati a ragionare coi numeri. I meccanismi aziendali, invece, non possono prescindere da indicatori oggettivi. Il problema inizia con difficoltà nella comprensione del business e spesso diventa anche difficoltà di linguaggio e di comunicazione con i vertici di linea.
  • Da quanto appena affermato, deriva che molti HR non comunicano a sufficienza con i CdA. Per un verso questi ultimi sono molto chiusi e difficilmente penetrabili, ma altre volte sono i Direttori delle Risorse Umane che non si propongono o che, comunque, non pongono questioni davvero d’impatto per la vita aziendale.
  • Anche nelle grandi aziende, non sempre i Direttori HR danno un contributo alla formulazione delle strategie aziendali. Da qui anche la percezione diffusa di una funzione da cui è molto improbabile una crescita verticale;
  • I direttori delle Risorse umane difficilmente sanno valorizzare il contributo che portano con il loro lavoro. Questo è paradossale in un momento in cui le persone e le loro competenze sono il vero valore aggiunto che molte imprese possono vantare come elemento competitivo vincente sul mercato;
  • Alcuni head hunter fanno notare come molti HR abbiano perso il treno della tecnologia, e quindi anche delle modifiche organizzative, a favore o dell’IT o della linea. Questo è un ulteriore elemento che li porta lontani dalla ristretta cerchia di chi definisce le strategie;
  • Da questi elementi molti degli intervistati fanno derivare la non buona reputazione degli HR come contributori nella creazione di valore aziendale. In alcuni casi sono vissuti come un vincolo necessario, di cui però sarebbe bello poter fare a meno;
  • Uno degli intervistati mi ha fatto notare che la funzione risorse umane si misura spesse volte su tempi lunghi, mentre le imprese ragionano ormai sempre su tempi molto brevi: da qui uno sfasamento tra la funzione HR e i vertici delle imprese;
  • Un altro head hunter si domanda se davvero gli HR siano motivati a fare una carriera verticale. Come se l’amore per il proprio lavoro fosse un privilegio, ma al tempo stesso anche una prigione.

Tutti gli intervistati  concordano sul fatto che questo sia un limite del mercato, in considerazione del valore strategico che in questo momento ricoprono le persone e le loro competenze. Difficile però pensare che le cose possano modificarsi nel giro di breve. Sicuramente sarebbe auspicabile il maturare di più elementi: un salto di qualità da parte dei colleghi HR, il superamento di alcuni pregiudizi da parte dei decisori e, in generale, una maggiore integrazione tra la funzione risorse umane e i responsabili di linea.

[1] Si ringraziano tutti i colleghi intervistati: Giovanna Brambilla di Value Search, Simonetta Cavasin di Eric Salmon, Claudio Fertonani di Proper Transearch, Walter Gai di Amrop, Bruno Pastore di Pedersen, Ettore Landini di Korn Ferry, Massimo Quizielvù di Glasford, Roberta Rachello di Chaberton e Vittorio Veltroni di Heidrick& Struggles.

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