I NUMERI DEL LAVORO

 da HR ONLINE

Un prete, un rabbino e un mullah entrano in un bar.

Il barista: “E questa cos’è, una barzelletta?”

Forse per evitare una scena simile le rappresentanze sindacali non si siedono più da tempo ai tavoli per i rinnovi contrattuali, pur con alcune pregevoli eccezioni. In Italia il 51% dei lavoratori dipendenti è attualmente in attesa del rinnovo contrattuale. Nel settore privato la quota scende al 36,5%, mentre nella Pubblica Amministrazione il mancato rinnovo riguarda la totalità dei dipendenti (100%). I mesi di vacanza contrattuale vanno dai 35 del settore pubblico ai 31 del settore privato. In ogni caso l’attesa di vedere rinnovato il contratto collettivo nazionale sfiora i 3 anni. In sintesi, sono 6,3 milioni i dipendenti con contratto scaduto e non ancora rinnovato, di cui 3,5 milioni nel settore privato e 2,8 nel settore pubblico.

Oggi in Italia, nel settore privato, si contano oltre 4 milioni di lavoratori che non raggiungono una retribuzione annua di 12.000 euro. Di questi, 412.000 hanno un contratto a tempo indeterminato e un orario di lavoro a tempo pieno. Il lavoro dipendente non è più al riparo dal pericolo della povertà. Le parti sociali hanno sempre osteggiato una legge sulla rappresentanza a favore della contrattazione, ma bisogna prendere atto che ogni accordo è stata poi lettera morta. Va introdotta una legge sulla rappresentanza che blocchi il proliferare di contratti collettivi in dumping, i cui minimi salariali sono sotto la soglia di povertà. Senza questo passaggio, necessariamente dovrebbe essere introdotto anche il salario minimo per evitare il fenomeno di lavoratori in povertà relativa, non in grado cioè di garantire a se stessi e alle proprie famiglia una vita minimamente dignitosa.

Teniamo inoltre presente che, nei primi sei mesi di quest’anno, i prezzi sono aumentati del 6,7% rispetto al primo semestre del 2021. Nello stesso periodo, le retribuzioni contrattuali del lavoro dipendente a tempo pieno sono aumentate solo dello 0,7%. Il reddito medio del lavoro autonomo è pari a 52.900 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori (titolari di ditte individuali) è pari a 19.900 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 20.720 euro, quello dei pensionati a 18.650 euro. Il 10,8% dei lavoratori tra i 18 e i 64 anni di età vive sotto la soglia di povertà relativa, ossia con un reddito annuo inferiore ai 10.840 euro annui. Un dipendente pubblico mediamente guadagna 36.300 euro, quello privato 29.500.

Il taglio del cuneo fiscale, soprattutto per ciò che riguarda il comparto privato, è assolutamente indispensabile, per lo meno per i redditi sotto i 35.000 euro. L’occupazione non è mai stata così alta dal 2007, il tasso di disoccupazione sta diminuendo costantemente, ma è troppo alto il numero dei neet (più di 3 milioni). Sono assolutamente necessari incentivi all’assunzione, ma ancora di più attività formative, anche brevi, immediatamente professionalizzanti, senza le quali rischiamo di lasciare le aziende senza competenze di base e, allo stesso tempo, di lasciare andare alla deriva un numero enorme di giovani (nel mezzogiorno più di 1 su 3!). Sono numeri che non consentono alcuna barzelletta iniziale.

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