LEADERSHIP NON SOLO GENTILE…

 da HR ONLINE

Vi vorrei raccontare una barzelletta in latino:  un centurione spiega ai soldati riuniti che “Patria est mater nostra” (“La Patria è nostra madre”).

Chiede quindi ad uno dei soldati allineati (“Deinde unum ex militibus interrogat”): “Che cos’ è la Patria, Antonio?” (“Quid est Patria, Antoni?”).

E il soldato Antonio risponde: “Patria est mater mea” (“La Patria è mia madre”).

Quindi il centurione passa ad interrogare un altro soldato, Giuseppe: “Che cos’ è la Patria, Giuseppe?” (“Quid est Patria, Josephe?”).

E Giuseppe risponde, pronto: ” Est mater Antoni” (“E’ la madre di Antonio”).

Questa forse è la prima barzelletta che leggete in latino. In realtà non è così antica perché è un invenzione di Gino Bramieri.

L’ho rispolverata perché in un libro che ho recentemente scritto con Luca Solari, Purpose e leadership ibrida, abbiamo parlato di come stia cambiando la leadership nelle organizzazioni. Iniziamo il libro ricordando come, in latino, accanto ai verbi attivi e passivi, vi siano anche i verbi deponenti. Questi si presentano in forma passiva, ma conservano un significato attivo. Apparentemente la forma deponente sembra una bizzarria linguistica, ma a ben vedere non è così. Nella maggioranza delle situazioni della vita quotidiana, infatti, tutti noi ci troviamo in una condizione intermedia tra attivo e passivo, rappresentata proprio dalla deponenza. Ognuno di noi è quello che è grazie alle sue forze, alla sua determinazione e alle sue qualità, ma è anche frutto di ciò che è venuto prima e di ciò che gli sta attorno. Nessuno può davvero affermare di essere l’unico artefice di sé stesso.

Se pensiamo ora alla maggior parte della letteratura sulla leadership notiamo come in molti casi vengano proposti elenchi di comportamenti desiderabili tutti basati sulla sua parte “attiva” e assai poco su quella “passiva”.  Il leader convinto che tutta l’azienda debba girare intorno a sé diventa “prepotente” e gestisce l’organizzazione in modo talvolta paranoico. L’altro da sé tende a sparire, soprattutto all’interno dell’organizzazione. I numeri uno più ammirati sono noti per essere dei veri prepotenti in azienda, assai poco attenti agli altri, incapaci di relazioni positive. I loro collaboratori sono palesemente vissuti come meri strumenti, se non come freno alla propria volontà di potenza.

In opposizione a questo modo di intendere l’esercizio del potere, da alcuni mesi si parla della necessità di una leadership “ gentile”. Probabilmente se ne parla molto perché è praticata poco. Il che ci fa pensare che sia molto giusto continuare a sottolineare la necessità di un approccio più inclusivo e attento a tutte le persone.

Il prossimo futuro sul versante macroeconomico non è senza nuvole. Tecnicamente potremmo parlare del concreto rischio di una stagflazione, di un periodo, cioè,  in cui sono contemporaneamente presenti sia un aumento generale dei prezzi sia una mancanza di crescita dell’economia in termini reali. Inoltre, all’interno delle imprese, il mindset delle persone richiede fin d’ora una migliore qualità di vita e di lavoro, ma i margini si stanno facendo sempre più ristretti e le condizioni per una risposta adeguata oggettivamente sempre più difficili. In questi ultimi due anni, a livello internazionale, si è anche in qualche modo sancito il passaggio da un’economia degli shareholders ad un capitalismo inclusivo, dove le decisioni aziendali devono essere prese tenendo conto non solo della massimizzazione degli interessi sul capitale investito, ma anche delle esigenze di tutti gli stakeholder.

Ciò ha reso ancora più complesso il quadro entro cui si devono muovere i decisori aziendali. Come i miei lettori più affezionati sanno, da tempo affermo che siamo entrati nell’età del paradosso, dove i leader devono strutturalmente rispondere a richieste paradossali, in aperto contrasto le une con le altre. Per fare ciò si richiedono competenze larghe e uno stile di management estremamente flessibile e adattivo. Sicuramente uno stile troppo top – down non riesce più a rispondere alle esigenze del mercato e delle persone. D’altro canto, uno stile solo partecipativo talvolta rischia di perdere in decisionalità e rapidità. Per rispondere alle esigenze poste dall’età del paradosso abbiamo bisogno di persone complete. Decisori che trovano naturale assumersi le responsabilità legate al loro ruolo. Responsabili non solo gentili, ma anche assertivi. Dirigenti non solo diretti e veloci, ma anche inclusivi.

L’età del paradosso richiede donne e uomini, capaci sul piano tecnico e manageriale, ma prima ancora persone ricche sul piano emotivo e personale. Si dovrà agire tanto il maschile quanto il femminile, l’attivo e il passivo, la ruvidità e la gentilezza, la rapidità decisionale e l’ascolto partecipato.  Soluzioni a senso unico rischiano di essere non più adeguate a un mercato e a un contesto sempre più complesso e contraddittorio.

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