IL BICCHIERE MEZZO PIENO

 da HR ON LINE

Gennaio 1945, due prigionieri ebrei stanno per essere fucilati.

All’improvviso arriva però l’ordine di impiccarli.

Uno sorride all’altro: “Hai visto? Cosa ti avevo detto? Stanno finendo le munizioni…!”

La storiella è tratta dal bel libro di Devorah Baum, La barzelletta ebraica edito da Einaudi. La capacità di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno è un vero dono del Signore. Rende la vita più lieve, purché il giudizio non ne venga offuscato.

Nel difficile periodo che stiamo vivendo, ha senso usare lo stesso criterio? Cerchiamo prima di tutto di capire che cosa ci possiamo aspettare. Salvo proroghe, il 31 marzo prossimo terminerà il blocco dei licenziamenti economici così come indicato nella legge di Bilancio 2021. AIDP ha lanciato in questi giorni un’indagine interna tra i propri associati, per fare il punto previsionale su cosa accadrà allo scadere di tale data.

Secondo questo sondaggio, il 20 per cento delle aziende intervistate dall’Associazione darà seguito a licenziamenti dopo il blocco e il 24 per cento lo sta valutando. Sul fronte vaccini: solo il 2,72% sta studiando la possibilità di licenziamento dei dipendenti che rifiuteranno il vaccino. Il 40% valuterà questa opzione più avanti mentre il 37% punta ad un rafforzamento della campagna informativa sanitaria.

Il 20% dei rispondenti ha dichiarato che darà seguito ai licenziamenti previsti, il 24% circa non ha ancora maturato una decisione e una parte di loro ha dichiarato che dipende anche da eventuali misure a sostegno che verranno prese. Il 9% proseguirà con la cassa integrazione, mentre il 53,5% non ha in previsione nessun licenziamento.

La leva del costo del lavoro è decisiva. Tra le misure a sostegno delle imprese ritenute più utili per mantenere gli attuali livelli occupazionali, circa l’82% dei rispondenti (nota: erano possibili risposte multiple) ha indicato le misure di natura fiscale e previdenziale volte a ridurre il costo del lavoro. Per il 48,50% la conferma della deroga dei contratti a termine a causali e per il 41,34% gli incentivi alle assunzioni per categorie di lavoratori (giovani, donne, disoccupati). Da notare che il 20% circa ha chiesto la proroga del cassa integrazione Covid e 22% la riforma dei centri per l’impiego. Oltre il 30%, infine, il potenziamento del contratto di espansione o di altre forme di incentivo ai prepensionamenti.

Vi è poi il tema, assai dibattuto in quest’ultimo periodo, della licenziabilità per chi dovesse rifiutare di vaccinarsi. Come noto Ichino e Guariniello, per citare solo due tra i nomi più noti, si sono detti favorevoli alla licenziabilità perché il rifiuto della vaccinazione potrebbe arrecare danno al datore di lavoro o comunque rendere difficile l’impiegabilità della risorsa stessa. Molti altri giuslavoristi, invece, sottolineando il fatto che non esiste ancora l’obbligatorietà del vaccino, sono più cauti e invitano le imprese a trovare mediazioni, primo tra tutti il lavoro da remoto. Nel sondaggio proposto solo il 2,72% del campione ha risposto che sta studiando la possibilità del licenziamento. Nella maggioranza dei casi prevale la prudenza. Il 40% dichiara che non ci ha ancora pensato mentre il 37% circa pensa di aumentare la comunicazione e l’informazione sanitaria per incentivare la vaccinazione. Il 9%, invece, se il ruolo e la mansione lo consentiranno metterà in smart working il dipendente. Il 3,5% pensa a provvedimenti di natura disciplinare mentre per l’8,5% il rifiuto alla vaccinazione non sarà un problema, perché si continuerà con le misure di tutela sanitaria già in essere.

È possibile che, dopo il 31 marzo 2021, il blocco dei licenziamenti venga prorogato solo per alcuni settori, in una logica di maggiore necessità economica. In questo contesto, la proroga del blocco licenziamenti potrebbe interessare il settore commercio, il comparto alberghiero e della ristorazione e le attività immobiliari. Non a caso sono stati proprio questi i settori che hanno ottenuto il maggior numero di ore autorizzate per la cassa integrazione in deroga. Dare tempo al Paese per uscire dalla pandemia prolungando il blocco dei licenziamenti è un artificio legale che, da un lato, ha il pregio di lenire in maniera molto significativa l’impatto sociale del virus, ma che dall’altro, impedisce alle imprese di organizzarsi al meglio per affrontare la concorrenza internazionale. Dobbiamo sempre ricordarci che non sono le leggi a sconfiggere la disoccupazione, ma lo sviluppo economico e la crescita delle occasioni di lavoro per le imprese. Sbloccare i cantieri, snellire la pubblica amministrazione, favorire il digitale, creare le condizioni perché si torni ad investire: sono questi i veri antidoti alla disoccupazione. Il blocco dei licenziamenti non può durare in eterno: dobbiamo far ripartire i consumi e ridare fiducia ai mercati. Altrimenti, come nella barzelletta iniziale, un mezzo per far fuori la gente lo si trova comunque, ma questo non è mai auspicabile.

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