BUBBLE HOPPING E LEADERSHIP

 da Harvard Business Review

Il 4 dicembre 2009 Google avverte i propri utenti che da allora in poi avrebbe personalizzato il proprio motore di ricerca. Significa in concreto che i contenuti proposti cambiano in relazione alla cronologia delle nostre ricerche, ai like che abbiamo cliccato, ai nostri acquisti e quindi a tutti i dati che ci sono stati legittimamente carpiti dalla rete. Se a Milano due tifosi, uno dell’Inter e l’altro del Milan, digitano la parola “calcio” otterranno notizie differenti ed opinioni compiacenti, tali da indurre l’utente a ritornare. Un libro cult di Eli Pariser, The Filter Bubble, indicò in una questa innovazione una vera rivoluzione, non solo nel marketing, ma anche nella polarizzazione degli atteggiamenti e nella costruzione delle opinioni individuali e  collettive. Così come l’algoritmo di Amazon ci suggerisce libri simili a quello che abbiamo appena comprato, analogamente i filtri che agiscono sul web tendono a proporci all’infinito le stesse fonti e tutte quelle informazioni che possiamo gradire, rafforzando così le nostre convinzioni pregresse. È la  cosiddetta echo chamber, una metafora per evocare la ripetizione all’infinito delle stesse idee in un ambiente impermeabile agli altri. Da qui il fenomeno della post-truth che Oxford Dictionary ha scelto come parola dell’anno 2016. La post-verità esprime l’irrilevanza dei fatti nella formazione dei processi cognitivi e la neonata agnotologia, ossia lo studio dell’ignoranza attraverso dati scientifici fuorvianti.

Già nel 2013 il World Economic Forum indicò questi fenomeni come una delle principali minacce per lo sviluppo economico, civile e sociale. Sia come collettività sia nelle nostre imprese abbiamo bisogno di leader che siano in grado di colmare le eccessive polarizzazioni, che sappiano capire le necessità di tutti, che sappiano ascoltare senza pregiudizi le persone indipendentemente dalle loro convinzioni ed appartenenze sociali o culturali, che sappiano creare dei ponti fra una bolla e l’altra per costruire collaborazioni intelligenti.

Per rispondere a questa esigenza Emma Stenström, professore associato al Dipartimento di Management and Organization, ha ideato alla Stockholm School of Economics un percorso di “Bubble-Hopping”. Ha cioè proposto ai suoi studenti degli incontri con persone proveniente da “bolle” molto lontane tra loro: milionari e senzatetto, prostitute e suore di clausura, imam e preti, e così via. L’esperimento ha già toccato più di 400 studenti con ottimi feed-back. Ora questa proposta si sposta nella formazione alla leadership. L’obiettivo è quello di incontrare il diverso da noi, abituarsi a guardare con occhi freschi chi vive in modo completamente differente dal nostro, imparare a uscire dalla bolla e incontrare mondi anche lontani ed opposti tra loro. Incontrare il diverso vuol dire sempre confrontarsi con le nostre parti interne che possono trovare un eco in ciò che ascoltano. La crescita individuale si basa sul confronto con gli altri: se questo non è monodimensionale o univoco ne scaturiranno persone, e quindi anche leader, più aperti e pronti a raccogliere gli stimoli nuovi anche se profondamenti divergenti da ciò che si condivide. Altri già lo fanno, ovviamente. La stessa Emma Stenström cita la MIT Sloan School of Management e il loro corso di laurea “Bridging the American Divides: Work, Community and Culture – USA Lab”, dove gli studenti conducono ricerche sul campo nelle regioni rurali e nelle piccole città degli Stati Uniti.

Le radici di questi percorsi di immedesimazione nel diverso sono lontane: Jacob Levi Moreno nel 1934 introdusse, ad esempio, i role-playing nell’ambito del cosiddetto “psicodramma”. Nei leadership training program, i manager dovevano abituarsi a sostenere punti di vista differenti e si allenavano a confrontarsi su vari temi sostenendo ruoli ed interessi anche molto differenti dai propri. Oggi la rete e i social ci ripropongono quelle necessità con rinnovata urgenza. A queste dobbiamo saper rispondere con metodologie nuove, per superare le polarizzazioni sociali e culturali e saperci confrontare con mercati e culture sempre più cangianti.

 

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