IL MENDICANTE

 da HR ON LINE

 

Ogni sera un professionista uscendo dal suo studio incontra un povero mendicante e ogni sera da anni passando gli lascia l’elemosina. I due non si sono mai rivolti la parola finchè il mendicante un giorno si fa forza e lo interpella: “Io la devo ringraziare, lei è un vero benefattore. Ce ne fossero di persone di buon cuore come lei. La sua presenza mi ha sempre confortato in tutti questi anni e senza il suo aiuto io non sarei mai riuscito a sopravvivere. Però, mi può togliere una curiosità? Lei 15 anni fa ogni sera mi lasciava 20 euro, dieci anni fa ha cominciato a lasciarmene solo 10, 5 anni fa ha cominciato a lasciarmene solo 5 e oggi ogni sera mi lascia solo 1 euro. Non mi fraintenda, io la ringrazio comunque. Lei è un vero benefattore. Però, mi scusi, come mai questa sequenza? Anche a lei oggi le cose vanno meno bene?”

“Caro mio … Lei deve sapere che 15 anni fa ero single e avevo così tanti soldi che non riuscivo neanche a spenderli. Poi dieci anni fa mi sono sposato e ho dovuto limitare le spese; cinque anni fa mi sono nati due gemelli e ho dovuto tirare la cinghia. E ora che i miei genitori sono malati devo proprio stare attento a ogni euro che spendo!”

“Mi spiace, la capisco, davvero, però – ribatte il mendicante – ma tutte queste persone proprio con i miei soldi le deve mantenere?”

Secondo una ricerca dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in Italia gli addetti del terzo settore (cooperative sociali, fondazioni, associazioni ed enti senza finalità di lucro) sono circa 400 mila (1,8% del totale degli occupati) e il fatturato si aggira intorno ai 64 mila miliardi di lire (3,4%) del pil. Le organizzazioni del volontariato sono in tutto quasi 300.000 con un vero esercito di volontari, senza contare le moltissime aziende che sempre più si impegnano nel sociale.

Gli anni della crisi hanno visto una riduzione delle spese pro-capite delle imprese a fini benefici, esattamente come nella storiella proposta, ma anche, però, l’aumentare del numero delle imprese che destinano nel sociale parte delle loro risorse. Gli investimenti dalla mera filantropia si stanno spostando verso un maggior raccordo con il territorio di riferimento per sovvenzionare attività meritevoli, volte al recupero dell’ambiente piuttosto che non allo sviluppo del territorio o delle condizioni dei suoi abitanti. Cresce il numero delle imprese che propongono ai loro azionisti e stakeholders, a fianco del bilancio civilistico, anche un bilancio sociale con il fine di rendere conto non solo della performance economica della loro impresa ma anche dell’impatto sociale che questa è riuscita a realizzare.

Si tratta di una nuova sfida che pone costantemente l’attenzione del mondo imprenditoriale verso la misurazione e la rendicontazione non solo delle performance economiche ma anche di quelle di carattere sociale ed ambientale. Una rivoluzione silente che è maturata paradossalmente proprio in questi anni di crisi. Malgrado le difficoltà economiche si è allargata la consapevolezza della necessità di un ruolo di supplenza da parte degli operatori economici nei confronti di un versante istituzionale sempre meno performante. Una lezione di “educazione civica” che si contrappone all’indifferenza e all’imbarbarimento che la rete ci offre quotidianamente. Una lezione di cittadinanza attiva su cui tutti dovremmo riflettere un poco di più.

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