Messaggio personale

 da Hr online

Scusate se utilizzo Hronline per diffondere un messaggio personale. Se qualcuno fosse interessato, o avesse conoscenti appassionati, un mio amico ha acquistato un biglietto per la finale dell’Europeo a Parigi senza rendersi conto che la data coincide con quella del suo matrimonio.

Perciò, se qualcuno è libero o conosce persone che vogliono andare al suo posto, la chiesa è quella del Redentore a Bari e la sposa si chiama Carmela.

Di questi tempi tutto si fa per gli Europei. Scene di violenza senza ritegno si accompagnano a un tifo molto sentito in tutta la Francia. Se ci astraiamo per un attimo dalla cronaca, sportiva e criminale, potremmo tentare una riflessione meno sul contingente. Vi propongo una lettura – spero non tradizionale – che forse può dire qualcosa anche a chi si occupa di risorse umane.

Negli ultimi decenni siamo passati da una società caratterizzata dalla “mancanza” (di risorse, informazioni, cultura, denaro, connessioni) a una società caratterizzata dalla “abbondanza” (di mezzi, opportunità, connessioni internazionali, informazioni, stimoli). Oggi, attraverso la rete, ognuno di noi dispone potenzialmente di un maggior numero di informazioni della persona più dotta solo quarant’anni fa. Ciascuno di noi ha una potenzialità infinitamente più grande di scambio e di relazioni che non  i nostri genitori, indipendentemente dal censo o dalla provenienza geografica o economica. Quanto questo costituisca un elemento di progresso eccezionale non è neanche da analizzare. Eppure tutto ciò ha anche implicazioni negative. Il mondo appare sempre più instabile e questo crea ansie. Siamo immersi in un universo più grande ma anche meno controllabile e meno comprensibile. Le persone mediamente hanno  difficoltà interpretative, sono di fronte a un universo così grande e complesso da non poter essere facilmente compreso e padroneggiato. Viviamo quindi tutti un senso di isolamento apparentemente paradossale in un mondo così fortemente interconnesso. La persona media sente sfiducia, paura, sospetto e quindi anche una minor apertura verso l’altro, proprio in un mondo dove “ l’altro” ci parla molto di più.

Vi è quindi una necessità di identità costante, quasi ossessiva. Viviamo in un’epoca di esasperazione della ricerca di identità, che è la chiave di tutte le incomprensioni. Noi invece dobbiamo tendere alla molteplicità delle identità. Dobbiamo imparare a non aver paura dell’altro, a riconoscerlo, a trarre insegnamento dalle diversità. L’esasperata ricerca dell’identità rischia di tramutarsi presto in ricerca della guerra. Parigi docet. La bella capitale europea in un così breve lasso di tempo è stata il teatro della follia cui può portare la ricerca esasperata dell’identità  fine a se stessa. In questo senso c’è un filo nero che lega le violenze degli hooligans con il Bataclan.

A questo punto mi si potrebbe dire: e noi cosa c’ entriamo? Gestiamo persone nelle organizzazioni, questi sono fatti troppo grandi per noi. Sono esempi troppo estremi, noi viviamo all’interno delle imprese. Vero, ma le persone sono le stesse. Identica è la necessità di capire, uguale il senso di disorientamento e la perdita di fiducia. Identica la necessità di parlare con le persone in modo chiaro, non distorto, di “metterci la faccia”. Medesima la necessità di insegnare a non temere l’altro ma considerarlo una risorsa, per quanto magari di non facile gestione nell’ immediato. In questo senso anche noi, gestori di persone nelle organizzazioni, abbiamo una responsabilità e un ruolo, civile e sociale, cui non possiamo venir meno.

 

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